Nicol senza e per Il Periodico
Adattamento libero del romanzo autobiografico Unorthodox: The Scandalous Rejection of My Hasidic Roots di Deborah Feldman, Unorthodox si afferma come una delle migliori serie tv dell'attuale catalogo Netflix. Scritta e prodotta da Anna Winger e Alexa Karolinski, oscilla tra rivisitazione storica e fiaba moderna, per raccontare la storia di emancipazione femminile e libertà di Etsy, una ragazza nata e cresciuta in una rigida comunità chassidica di Brooklyn.
Nel quartiere di Williamsburg sono circa 75mila le persone che discendono direttamente dalle vittime dell'Olocausto e nel complesso formano la comunità chassidica Satmar. Una comunità di cui, nella miniserie, è restituita un'immagine fedele alla realtà, che non lascia spazio agli stereotipi, fatta di tradizioni e consuetudini ma anche di contraddizioni e insicurezze.
Questa la realtà in cui è intrappolata Etsy, un contesto ingobbito dal pesante fardello del passato ed entro il quale la giovane protagonista è costretta ad un matrimonio combinato e infelice e ad un futuro in cui non può essere altro che una madre.
Etsy è però una ragazza di 19 anni che desidera esplorare se stessa, i propri interessi, la propria sessualità e trovare il suo posto nel mondo. Sono queste le intenzioni che la spingeranno a fuggire a Berlino, luogo che rappresenta un tabù per i sopravvissuti alla Shoah e i loro discendenti e città in cui risiede la madre che l'ha abbandonata.
È proprio a partire dall'inevitabile confronto con i propri demoni, quelli della memoria e quelli personali, che Etsy compie la sua lenta trasformazione, psicologica ed estetica, fino ad una presa di coscienza definitiva.
Unorthodox è quindi una storia di fuga e di rinascita, la cui narrazione è resa autentica dall'utilizzo della lingua yiddish e da un montaggio alternato che mette a confronto i flashback e il presente della protagonista. Questi gli escamotage uditivi e visivi che contribuiscono, unitamente ad una fotografia che insiste sui contrasti e passa dal grigiore di Brooklyn alla luminosità di Berlino, ad acuire il paradosso di una vita ultra ortodossa in un mondo ultra moderno.
Nel complesso la storia di questa giovane donna che decide di trovare la sua libertà, paradossalmente, nel luogo dove alla sua comunità la libertà era stata in passato privata, regala allo spettatore momenti di riflessione ed emozione, sensazioni percepite tanto più intense in questo momento in cui tutti ci sentiamo più costretti e meno liberi.
Adattamento libero del romanzo autobiografico Unorthodox: The Scandalous Rejection of My Hasidic Roots di Deborah Feldman, Unorthodox si afferma come una delle migliori serie tv dell'attuale catalogo Netflix. Scritta e prodotta da Anna Winger e Alexa Karolinski, oscilla tra rivisitazione storica e fiaba moderna, per raccontare la storia di emancipazione femminile e libertà di Etsy, una ragazza nata e cresciuta in una rigida comunità chassidica di Brooklyn.
Nel quartiere di Williamsburg sono circa 75mila le persone che discendono direttamente dalle vittime dell'Olocausto e nel complesso formano la comunità chassidica Satmar. Una comunità di cui, nella miniserie, è restituita un'immagine fedele alla realtà, che non lascia spazio agli stereotipi, fatta di tradizioni e consuetudini ma anche di contraddizioni e insicurezze.
Questa la realtà in cui è intrappolata Etsy, un contesto ingobbito dal pesante fardello del passato ed entro il quale la giovane protagonista è costretta ad un matrimonio combinato e infelice e ad un futuro in cui non può essere altro che una madre.
Etsy è però una ragazza di 19 anni che desidera esplorare se stessa, i propri interessi, la propria sessualità e trovare il suo posto nel mondo. Sono queste le intenzioni che la spingeranno a fuggire a Berlino, luogo che rappresenta un tabù per i sopravvissuti alla Shoah e i loro discendenti e città in cui risiede la madre che l'ha abbandonata.
È proprio a partire dall'inevitabile confronto con i propri demoni, quelli della memoria e quelli personali, che Etsy compie la sua lenta trasformazione, psicologica ed estetica, fino ad una presa di coscienza definitiva.
Unorthodox è quindi una storia di fuga e di rinascita, la cui narrazione è resa autentica dall'utilizzo della lingua yiddish e da un montaggio alternato che mette a confronto i flashback e il presente della protagonista. Questi gli escamotage uditivi e visivi che contribuiscono, unitamente ad una fotografia che insiste sui contrasti e passa dal grigiore di Brooklyn alla luminosità di Berlino, ad acuire il paradosso di una vita ultra ortodossa in un mondo ultra moderno.
Nel complesso la storia di questa giovane donna che decide di trovare la sua libertà, paradossalmente, nel luogo dove alla sua comunità la libertà era stata in passato privata, regala allo spettatore momenti di riflessione ed emozione, sensazioni percepite tanto più intense in questo momento in cui tutti ci sentiamo più costretti e meno liberi.
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