Nicol senza e per Lectorinfabula
La lettera sovversiva: Da don Milani a De Mauro, il potere delle parole è un libro scritto dalla storica del tempo presente Vanessa Roghi, pubblicato dalle edizioni Laterza e presentato in esclusiva per Lector In Fabula sabato 15 settembre.
Il libro, frutto di una minuziosa ricerca e intrinseco di un'energica freschezza, ha l'urgenza di scagionare don Milani dagli appellativi di folle, icona, presuntuoso e addirittura pedofilo e indurre a riconsiderare una serie di visioni e convinzioni, talvolta infondate, sbagliate, disoneste, che hanno fatto di Lettera a una professoressa un simbolo abusato.
Un'urgenza di mettere da parte per una volta il personaggio e procedere ad una decontestualizzazione che annebbia per un momento il contesto geopolitico di una Firenze Cattolica Radicale e rende nitida l'immagine di una scuola popolare che lascia indietro i figli dei contadini, di cui nessuno si occupa.
Nessuno ad eccezione del colto rampollo di una famiglia alto borghese, don Lorenzo Milani, che ha dapprima apprezzato in termini qualitativi il deficit di educazione linguistica come ragione dell'insuccesso/abbandono scolastico, e ha poi cercato un modo per reagire.
Il priore, ha portato avanti una battaglia nel retroscena delle disuguaglianze, al fine di scardinare i pregiudizi di base dell'insegnamento, convinto dell'efficacia di quest'ultimo e prima ancora certo che esso sia dipendenza esclusiva del modo di divulgarlo.
La Roghi affina quindi la sua tecnica espositiva e giostra la narrazione strategicamente tra biografia ed informazione.
Non si sottrae di fatto dal raccontare del fuoco di dissensi nei confronti di don Milani, il quale è accusato di essere l'alzabandiera di una scuola che può essere messa in discussione sempre e comunque, anche in modo ingiusto. Un fuoco che si alimenta sempre più all'indomani della pubblicazione di "Lettera a una professoressa".
Un libro scritto dai ragazzi della scuola di Barbiana guidati dal loro priore, che rivendica, sotto il profilo sociale, il diritto della soggettività dei bocciati e di chi non apprende al passo degli altri.
Il testo manifesto è visto come l’inizio della fine di tutto: dell’autorità degli insegnanti, dello stare in disparte dei genitori, della voglia di studiare dei ragazzi, come l’inizio, insomma, del “donmilanismo".
Ma al tempo stesso è visto anche come l'anello centrale di una riflessione sulla necessità di riformare il sistema educativo, che sfocerà nelle grandi battaglie per la scuola degli anni settanta e che si concretizzerà poi nell'attuazione dei decreti delegati del 1974 e nei programmi per la scuola elementare del 1985.
È proprio in funzione del dualismo interpretativo di Lettera a una professoressa, costante presenza in quegli anni così passati e in questi giorni così nostri, che la Roghi propone la sua personale visione delle cose.
L'autrice crede che sia estremamente sbagliato vedere la scuola come un'avanguardia esterna rispetto alla comunità e un professore come entità intangibile ed incontestabile. Confida quindi nel ristabilimento di un rapporto equilibrato tra l'adulto e il ragazzo, possibile solo attraverso una fiducia bidirezionale e un'inclusione incondizionata.
Nicol Locaputo
La lettera sovversiva: Da don Milani a De Mauro, il potere delle parole è un libro scritto dalla storica del tempo presente Vanessa Roghi, pubblicato dalle edizioni Laterza e presentato in esclusiva per Lector In Fabula sabato 15 settembre.
Il libro, frutto di una minuziosa ricerca e intrinseco di un'energica freschezza, ha l'urgenza di scagionare don Milani dagli appellativi di folle, icona, presuntuoso e addirittura pedofilo e indurre a riconsiderare una serie di visioni e convinzioni, talvolta infondate, sbagliate, disoneste, che hanno fatto di Lettera a una professoressa un simbolo abusato.
Un'urgenza di mettere da parte per una volta il personaggio e procedere ad una decontestualizzazione che annebbia per un momento il contesto geopolitico di una Firenze Cattolica Radicale e rende nitida l'immagine di una scuola popolare che lascia indietro i figli dei contadini, di cui nessuno si occupa.
Nessuno ad eccezione del colto rampollo di una famiglia alto borghese, don Lorenzo Milani, che ha dapprima apprezzato in termini qualitativi il deficit di educazione linguistica come ragione dell'insuccesso/abbandono scolastico, e ha poi cercato un modo per reagire.
Il priore, ha portato avanti una battaglia nel retroscena delle disuguaglianze, al fine di scardinare i pregiudizi di base dell'insegnamento, convinto dell'efficacia di quest'ultimo e prima ancora certo che esso sia dipendenza esclusiva del modo di divulgarlo.
La Roghi affina quindi la sua tecnica espositiva e giostra la narrazione strategicamente tra biografia ed informazione.
Non si sottrae di fatto dal raccontare del fuoco di dissensi nei confronti di don Milani, il quale è accusato di essere l'alzabandiera di una scuola che può essere messa in discussione sempre e comunque, anche in modo ingiusto. Un fuoco che si alimenta sempre più all'indomani della pubblicazione di "Lettera a una professoressa".
Un libro scritto dai ragazzi della scuola di Barbiana guidati dal loro priore, che rivendica, sotto il profilo sociale, il diritto della soggettività dei bocciati e di chi non apprende al passo degli altri.
Il testo manifesto è visto come l’inizio della fine di tutto: dell’autorità degli insegnanti, dello stare in disparte dei genitori, della voglia di studiare dei ragazzi, come l’inizio, insomma, del “donmilanismo".
Ma al tempo stesso è visto anche come l'anello centrale di una riflessione sulla necessità di riformare il sistema educativo, che sfocerà nelle grandi battaglie per la scuola degli anni settanta e che si concretizzerà poi nell'attuazione dei decreti delegati del 1974 e nei programmi per la scuola elementare del 1985.
È proprio in funzione del dualismo interpretativo di Lettera a una professoressa, costante presenza in quegli anni così passati e in questi giorni così nostri, che la Roghi propone la sua personale visione delle cose.
L'autrice crede che sia estremamente sbagliato vedere la scuola come un'avanguardia esterna rispetto alla comunità e un professore come entità intangibile ed incontestabile. Confida quindi nel ristabilimento di un rapporto equilibrato tra l'adulto e il ragazzo, possibile solo attraverso una fiducia bidirezionale e un'inclusione incondizionata.
Nicol Locaputo
Ma grazie!!!
RispondiEliminaCiao!
RispondiEliminaMi sono appena iscritta al tuo blog.
Ti lascio il link del mio se vuoi passare ;)
https://unabuonalettura.blogspot.com/
Grazie, passo da te con piacere! :)
Eliminala follia ideologica donmilaniana persiste, refrattaria a ogni evidenza, per le quali rimando qui, a questo dossier completo:
RispondiEliminahttps://lafilosofiadellatav.wordpress.com/2017/06/02/don-lorenzo-milani-cattivo-maestro-supplica-a-papa-francesco-santita-non-vada-a-barbiana/
a margine del quale scrivevo
"...In altre parole, nel caso in esame, è forse cambiato qualcosa, rispetto al passato, rispetto alle valutazioni che su don Milani avevano dato i suoi diretti superiori, i Cardinali Arcivescovi Elia Dalla Costa ed Ermenegildo Florit? Può essere che l’ammutinamento sistematico ai superiori, l’apologia della violenza rivoluzionaria, della lotta di classe, dello spargimento del sangue dei nemici del popolo, della lotta armata di stampo brigatista e finanche – ma di questo Dalla Costa e Florit non erano a conoscenza – l’orgogliosa rivendicazione di pulsioni omosessuali e pedofile (il tutto è naturalmente documentato nei diversi capitoli del dossier), non siano più censurabili, come lo erano una volta? E’ possibile che, visto che i tempi cambiano, si debba adeguarsi alle nuove usanze?… Mi piacerebbe saperlo in modo esplicito".
Questo è un segno dei tempi. Ma siamo anche fortunati. Verrà un giorno in cui, fra un anno, dieci, cinquanta o cento, siccome il tutto era dimostrato nelle stesse parole del priore di Barbiana, nero su bianco, quando i tempi saranno maturi, la verità verrà fuori. Tutto il castello ideologico dei donmilanisti si scioglierà come neve al sole, e il popolo potrà avere idee più chiare.