Quando L’assurdo, il reale, l’attesa: Samuel Beckett di Gianfranco Longo incontra L’ultimo nastro di Krapp di Samuel Beckett
La vedete anche voi la figura di quel vecchio sfatto, faccia bianca, naso paonazzo, capelli grigi in disordine? Lo vedete anche voi, sul tavolo, un registratore con un microfono e un gran numero di scatole di cartone che contengono bobine di nastri incisi?
¹ da Poiesis. Il suono della vita di Gianfranco Longo
Nicol Locaputo
La vedete anche voi la figura di quel vecchio sfatto, faccia bianca, naso paonazzo, capelli grigi in disordine? Lo vedete anche voi, sul tavolo, un registratore con un microfono e un gran numero di scatole di cartone che contengono bobine di nastri incisi?
È l’immagine di Krapp che cammina
avanti e indietro sull'orlo della scena ma sempre restando nella zona luminosa.
Poi di nuovo avanti. E indietro. E avanti.
Leggendo L’assurdo, il reale,
l’attesa: Samuel Beckett ¹ non ci si può esimere dal vedere, quasi dal toccare,
il vecchio clown beckettiano. La luce che lo attraversa. L’ombra che lo
circonda.
È proprio sul contrasto tra luce e
ombra, gradualmente tramonto di una vita intera, che si articola la mia analisi
sull’opera senza tempo L’ultimo nastro di Krapp di Beckett che (non da sola) ha
ispirato i versi di Gianfranco Longo.
A
monte dell’analisi particolaristica e al fine di rendere più completo
l’approccio all’opera, è mia premura definire brevemente i lineamenti
biografici e poetici del Beckett, limitandomi a contestualizzare storicamente
il suo lavoro e a sviscerarne la poliedricità.
Samuel Barclay Beckett, nato a Dublino
nell’aprile del 1906, è stato un drammaturgo, scrittore, poeta e sceneggiatore
irlandese tra i più influenti del XX secolo; considerato senza dubbio la più
significativa personalità di quel genere teatrale e filosofico che Martin
Esslin definì Teatro dell'assurdo.
Conscio dell’originalità e della
ricchezza propositiva della sua ricerca romanzesca e al tempo stesso
inconsapevole di quella ancora maggiore della sua ricerca teatrale, Beckett
dona al grande pubblico, nel 1953, l’opera che lo eleva a genio: Aspettando
Godot.
Incarnazione dell’idea di teatro del
secondo Novecento, Godot, ha l’indiscutibile valore oggettivo di aver saputo
parlare con immediatezza, esprimendosi senza le restrizioni dettate dalle cose,
a spettatori di ogni cultura e collocazione sociale.
È pur vero che non solo al capolavoro
Aspettando Godot è legata la fama di Beckett; per forza poetica dell’invenzione
e forza innovativa della forma, il drammaturgo si distingue anche in opere come
Giorni Felici, Finale di Partita e L’ultimo nastro di Krapp.
È
proprio L’ultimo nastro di Krapp a offrire una prima svolta nella produzione
drammatica di Beckett. Innanzitutto nella scelta della lingua.
Il francese, che aveva caratterizzato
le prime opere in prosa, in grado di assecondare il bisogno di economicità e di
luminosa chiarezza, si fa passato.
Beckett, ascoltando per la prima volta
alla radio l'attore irlandese Patrick Magee, nel dicembre del 1957, si lascia
suggestionare dalla sua voce, prendendo atto del fatto che l’uso della lingua
inglese meglio rispondeva alle sue esigenze drammaturgiche e riservando il
francese alle opere narrative.
Altro motivo per cui Krapp segna una
svolta nella scrittura drammatica risiede nella scomparsa del dialogo. La
conversazione, nei primi due testi teatrali, procede per riempire il vuoto
dell’attesa e non per portare all’azione; persino questo dialogo formale, in
Krapp, scompare. Beckett da qui in poi costringe la forma drammatica nella
forma del monologo, quello di Krapp, unico personaggio che, al più, interagisce
con il se stesso di trent'anni prima.
Krapp
è un vecchio sfatto, frenetico in un andirivieni continuo; inganna il tempo
cercando nelle tasche chiavi che aprano cassetti contenenti banane da sbucciare
e mangiare. Poi l’idea. Riascoltare vecchi nastri registrati trent’anni prima.
《Assorta sino a
poter sussurrare, a un logoro nastro, chi abbia un’andatura laboriosa, coscienza che
fruga nelle tasche e confessa voler riordinare gli anni》²
L’azione si svolge 《nel futuro》. La poco longeva diffusione
del registratore come strumento domestico rende impossibile l’ascolto di un nastro registrato trent’anni prima. L’idea geniale di usare teatralmente il
registratore consente a Beckett di trattare in modo decisamente nuovo il tema
del raccontarsi e di presentare la dimensione del ricordo in una luce
inusitata.
Senza tempo e senza spazio, senza
nessun riferimento, si colloca la riflessione di un uomo sul suo passato
bloccato nella registrazione, oggetto di commento e di scherno per il presente.
Dietro le parole e le azioni di Krapp
si nasconde un costante riferimento al contrasto tra luce e ombra: l'oscurità è
la morte che Krapp sente vicina, perché, come i precedenti eroi beckettiani, è
colto nel momento che precede la fine e che egli cerca inconsciamente.
Nel nastro che Krapp ascolta, due sono
i momenti centrali: la scena d'amore e il momento della visione.
Egli riascolta il se stesso del
passato dare l'addio all'amore e dire《Forse i miei
anni migliori sono finiti. Quando la felicità era forse ancora possibile. Ma non li rivorrei indietro. Non col
fuoco che sento in me ora. No, non li rivorrei indietro 》.
L’amore è dunque solo un ricordo e il
volto della donna amata, nel presente, condensa in sé una dolorosa separazione
e la consapevolezza della sconfitta. Alla luce del fallimento la sua posizione
però non è mutata: alla fine della registrazione fatta nel presente il vecchio
Krapp tronca i ricordi dicendo 《Tutta quella
antica sofferenza. Una volta sola non ti è bastata》. Adesso è un uomo vicino alla fine (l’ultimo nastro di Krapp), alla
conclusione di quella sofferenza che inizia nel momento della nascita e che
accompagna tutta l'umana esistenza.
¹ da Poiesis. Il suono della vita di Gianfranco Longo
²
Da L’assurdo, il reale, l’attesa: Samuel Beckett in Poiesis. Il suono della vita
di Gianfranco Longo
Nicol Locaputo
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