Nicol senza e per Lectorinfabula
Ad infervorare quello che è stato un pubblico più o meno giovane, spettatore del secondo appuntamento di Lector in Fabula in Piazza Castello, è stata la personalità spigliata di Carlo Greppi, giovane storico torinese, appassionato di letteratura ed ottimo comunicatore.
L'incontro, presentato da Marilisa Giannuzzi, ha spalancato le porte alla cultura storica, in un periodo in cui la storia è percepita, didatticamente, solo come un dovere.
Obiettivo primo di Greppi, con la presentazione del suo libro "25 aprile 1945", è proprio quello di svincolare la storia dall'indegno soprannome di "materia morta" e scagionarla dal senso di dovere, donando al lettore una narrazione fluida e alla stesso tempo violenta.
Prerogative rispettabili e rispettate in "25 aprile 1945"; il lettore è posto dinanzi ad uno scenario, sì di proficua collaborazione tra i tre comandanti del braccio armato della resistenza, Raffaele Cadorna, Ferruccio Parri e Luigi Longo, ma comunque inevitabilmente macchiato dal sangue delle vittime che l'attività bellica comporta.
Una narrazione resa autentica dall'utilizzo di fonti partigiane, il cui unico limite è la memoria umana, e di una prima persona che ha il compito di svelare i fragili lineamenti dell'animo umano.
Un clima autentico che non si sottrare, quindi, dal suo essere velenoso, inquinato da esempi concreti di emarginazione femminile e rabbuiato dalla passività di molti uomini, spettatori di un tentativo di ripresa, ma braccio, unicamente, della paura e del conformismo.
Un atteggiamento che non ha risentito del peso degli anni, in quanto molto attuale, e questo Carlo Greppi lo sa. Interviene, facendo quindi riferimento alla paura con la quale i giovani d'oggi NON si assumono il rischio di immaginare un mondo migliore, forse condizionati da un mal forgiato senso di appartenenza.
Si rivolge ai ragazzi presenti, sostenendo che «L'identitarietà è importante» e di certo non è sinonimo dell'ubbidienza che la lingua, i mezzi di comunicazione e la scuola cercano di costruire, bensì è simbolo di un disobbedire coscienzioso e di un saper fare delle scelte, che solo il sapere storico, prima locale e poi globale, possono fornire.
Nicol Locaputo
Ad infervorare quello che è stato un pubblico più o meno giovane, spettatore del secondo appuntamento di Lector in Fabula in Piazza Castello, è stata la personalità spigliata di Carlo Greppi, giovane storico torinese, appassionato di letteratura ed ottimo comunicatore.
L'incontro, presentato da Marilisa Giannuzzi, ha spalancato le porte alla cultura storica, in un periodo in cui la storia è percepita, didatticamente, solo come un dovere.
Obiettivo primo di Greppi, con la presentazione del suo libro "25 aprile 1945", è proprio quello di svincolare la storia dall'indegno soprannome di "materia morta" e scagionarla dal senso di dovere, donando al lettore una narrazione fluida e alla stesso tempo violenta.
Prerogative rispettabili e rispettate in "25 aprile 1945"; il lettore è posto dinanzi ad uno scenario, sì di proficua collaborazione tra i tre comandanti del braccio armato della resistenza, Raffaele Cadorna, Ferruccio Parri e Luigi Longo, ma comunque inevitabilmente macchiato dal sangue delle vittime che l'attività bellica comporta.
Una narrazione resa autentica dall'utilizzo di fonti partigiane, il cui unico limite è la memoria umana, e di una prima persona che ha il compito di svelare i fragili lineamenti dell'animo umano.
Un clima autentico che non si sottrare, quindi, dal suo essere velenoso, inquinato da esempi concreti di emarginazione femminile e rabbuiato dalla passività di molti uomini, spettatori di un tentativo di ripresa, ma braccio, unicamente, della paura e del conformismo.
Un atteggiamento che non ha risentito del peso degli anni, in quanto molto attuale, e questo Carlo Greppi lo sa. Interviene, facendo quindi riferimento alla paura con la quale i giovani d'oggi NON si assumono il rischio di immaginare un mondo migliore, forse condizionati da un mal forgiato senso di appartenenza.
Si rivolge ai ragazzi presenti, sostenendo che «L'identitarietà è importante» e di certo non è sinonimo dell'ubbidienza che la lingua, i mezzi di comunicazione e la scuola cercano di costruire, bensì è simbolo di un disobbedire coscienzioso e di un saper fare delle scelte, che solo il sapere storico, prima locale e poi globale, possono fornire.
Nicol Locaputo
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